Editoriale
Libertà e catene digitali
I Passaporti digitali per l’arte: tracciabilità, sostenibilità e inclusione
- Giugno 28, 2025
di Stefania MARANZANO
Presidente Biennale di Cosenza
Nel mondo dell’arte contemporanea, la trasparenza e la sostenibilità stanno diventando temi sempre più centrali. Durante il simposio conclusivo della Biennale di Cosenza 2024, è emersa una proposta innovativa: l’introduzione di passaporti digitali per le opere d’arte, strumenti in grado di documentare materiali, provenienza e impatto ambientale delle creazioni artistiche. Un dibattito aperto su questo tema potrebbe rivoluzionare il modo in cui l’arte viene prodotta, venduta e conservata, garantendo maggiore accessibilità ai dati e promuovendo pratiche ecologiche.
Ispirati ai certificati di autenticità e ai registri blockchain già utilizzati nel mercato dell’arte, i passaporti digitali sono documenti elettronici che raccolgono informazioni dettagliate su un’opera, tra cui: Materiali e tecniche utilizzati nella creazione, provenienza dei componenti (es. pigmenti, supporti, legno), Impronta ecologica (sostenibilità dei materiali), Storia dell’opera (mostre, restauri, passaggi di proprietà), diritti d’autore e licenze…
La blockchain sta rivoluzionando il mondo dell’arte attraverso la crypto arte, o arte NFT e permette di creare token non fungibili (NFT) che certificano l’autenticità e la proprietà di opere d’arte digitali e fisiche, rendendole uniche e tracciabili. Questo sistema offre nuove opportunità per artisti e collezionisti, modificando il modo in cui l’arte viene creata, scambiata e apprezzata.
A proposito di chains (catene), e di documentazione per le opere d’arte recentemente nella città di Cosenza è scaturito un acceso dibattito circa la necessità o meno di “restaurare” una scultura di Amerigo TOT, la Catena Spezzata posta nel Vallone di Rovito (CS).
Realizzata in onore ed in ricordo dei Fratelli Bandiera, l’opera scultorea è realizzata in ferro, che, come è naturale che sia, è ormai coperta di ruggine. Ora, vi sono in altre piazze di Cosenza alcune opere in Corten, detto anche acciaio patinato che simula l’effetto ruggine, ma sono di recente installazione e quindi è risaputo che sono “native arrugginite”. Mentre per l’opera di Tot, non si sa per certo se la patina naturale sia voluta o meno dall’artista.
Mi è difficile pensare che il grande Amerigo Tot, che ha realizzato enormi opere in molte città italiane – tra cui il celebre fregio che impreziosisce l’ingresso principale della Stazione Termini di Roma, del 1953 – non avesse previsto questa ossidazione. Mi piace invece pensare che il rosso sangue del metallo ossidato sia stato ricercato, a ricordare il sangue degli innocenti di tutte le guerre. Spero quindi che una mano troppo pietosa e inconsapevole non copra con un convertitore di ruggine, e che non si alteri l’opera. Vedremo presto gli esiti dell’intervento manutentivo e confidiamo nella professionalità dei professionisti a cui è stato affidato.
Naturalmente vi è una Fondazione a suo nome (www.amerigotot.com/it/), alla quale sono stati chiesti ragguagli, ma vista anche la prolifica attività dell’artista, non si conoscono dati certi circa l’opera in questione. Un passaporto dell’opera, redatto secondo uno schema preciso, avrebbe potuto forse certificare i materiali e chiarire ai posteri le intenzioni dell’artista.
La tendenza diffusa negli ultimi decenni di dichiarare con compiacimento la dicitura “Tecnica mista” o addirittura la sintesi ulteriore “TM”, ma alla luce di questi esiti forse non è così auspicabile?
I vantaggi della tracciabilità sono anche, per esempio, la lotta al greenwashing e promozione dell’arte sostenibile.
Altro vantaggio sarebbe una maggiore trasparenza per collezionisti e istituzioni. Alcuni galleristi sarebbero forse disincentivati a passarvi sopra una bella mano di vernice lucida presa in ferramenta?
Gallerie, case d’asta, musei e acquirenti privati potrebbero accedere a informazioni certificate sulla durata prevista dei materiali (evitando restauri inutili o costosi), l’eventuale tossicità di vernici o leganti, la provenienza dei componenti, e la manutenzione.
Valorizzazione del processo creativo
Spesso, il valore di un’opera non risiede solo nel risultato finale, ma nel percorso artistico che l’ha generata. Un passaporto digitale potrebbe includere: Bozzetti e studi preparatori, interviste all’artista, documentazione delle fasi di lavorazione
La proposta della Biennale di Cosenza: un hub digitale per l’arte
Oltre ai passaporti, il simposio ha avanzato l’idea di creare una piattaforma online dedicata, con 3 funzioni principali: L’archiviazione delle opere con relativi passaporti; la condivisione di buone pratiche tra artisti, galleristi e restauratori; lo scambio di conoscenze su materiali innovativi e tecniche sostenibili.
Un simile spazio digitale è la svizzera ArtChain, (https://officinebit.ch/page/18/ARTchain/) che aspira a diventare una Wikipedia dell’arte contemporanea, ma nel sito della quale non si evincono chiaramente modalità di accesso e costi.
Come evitare che la digitalizzazione escluda chi non ha competenze tecnologiche o denaro sufficiente per l’inserimento in catalogazione? I passaporti digitali, qualora inclusivi, potrebbero segnare una svolta epocale, trasformando l’arte da oggetto di consumo a bene documentato e sostenibile.
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Artista e fondatrice di Civitas Solis Cosenza APS, da trent’anni promuove l’arte come linguaggio collettivo. Fin dalla maturità artistica, presso il Liceo U. Boccioni di Cosenza, dà vita a dipinti e sculture che dialogano con la tradizione mediterranea, mentre nel design editoriale e web sperimenta linguaggi comunicativi contemporanei. I sette anni vissuti a Modena le hanno permesso di esplorare da vicino capolavori rinascimentali, e poi opere e mostre dei maggiori maestri contemporanei, un’esperienza che oggi riversa nella Biennale di Cosenza, da lei ideata e curata.