Editoriale

La rivoluzione digitale nella critica d'arte. Tra pionierismo tecnologico e nuove epistemologie del sentire

Dagli automi di Efesto all’intelligenza artificiale: come le neotecnologie stanno ridefinendo il "sentire" artistico

di Giuseppe Siano

Teorico dell’arte

Cari lettori, viviamo un’epoca in cui la critica d’arte fatica a distinguere tra l’impulso creativo umano e i calcoli delle macchine. Già nel 2006, nel mio libro L’estetica e il «sentire» nelle macchine, anticipavo questa sfida: oggi, con ChatGPT-4.1nano, chiunque può generare teorie artistiche senza aver mai studiato estetica. Ma come siamo arrivati qui?

 

La genesi dell’arte generativa
Negli anni ’70, Harold Cohen collegò un plotter a un computer, creando opere basate su petroglifi pellerossa. Erano necessarie ore per tracciare segni casuali, ma quel gesto pionieristico segnò l’alba di un nuovo paradigma: l’arte come prodotto di algoritmi.

Una foto con Harold Cohen

Poi negli anni ’90, artisti come Marco Cardini trasformarono lo schermo in una tela digitale, usando “pennelli elettronici” in tempo reale.

 

Il paradosso della macchina teorica
Le prime IA dimostrarono un problema fondamentale: un modello di calcolo isolato porta all’errore. Come gli automi di Efesto – le ancelle dorate che servivano gli Dei senza vera autonomia – queste macchine eseguivano ordini, ma non sentivano. Oggi, però, il qubit quantistico introduce l’entanglement: un’unità di stati sovrapposti (0 e 1 simultanei) che riflette la complessità del reale da più punti di vista.

La sfida per gli artisti contemporanei

Se i computer degli anni ’70 lavoravano su logiche binarie, oggi l’arte deve confrontarsi con la probabilità. Non esiste più una sola verità, ma infinite possibilità percettive. 

In questo tempo sospeso tra il crollo delle certezze postmoderniste e l’affermarsi di un nuovo paradigma tecnologico, la critica d’arte si trova a dover ridefinire i propri strumenti ermeneutici. L’avvento delle neotecnologie dell’informazione ha prodotto una frattura epistemologica che investe non solo le modalità di produzione artistica, ma la stessa natura della percezione estetica.

"L’arte digitale ci ha insegnato che nessun algoritmo può sostituire il caos del sentire umano. Ma è proprio nel dialogo tra istinto e qubit che nascerà l’estetica del futuro."

Eppure, come notavo già nei miei primi studi, queste limitazioni contenevano un insegnamento profondo: l’errore sistemico delle macchine ci mostrava la necessità di modelli cognitivi plurali.

 

Le prime IA dimostrarono quindi un problema fondamentale: un modello di calcolo isolato porta all’errore. Oggi, però, il qubit quantistico introduce l’entanglement: un’unità di stati sovrapposti (0 e 1 simultanei) che riflette la complessità del reale.

Oggi quindi, con l’avvento del qubit, assistiamo a una rivoluzione concettuale: La crisi del concetto tradizionale di autorialità.

Un’opera autoreferenziale elaborata con la AI (Artificial Intelligence) può mostrare già oggi sia un rapporto cognitivo statico, come in una interpretazione del passato, e sia un rapporto relazionale in movimento, che in un contesto produce comunque dei significati nuovi. Alla fine c’è qualcuno che sceglie quale relazione sia più adeguata, e come per gli dei non è la macchina.
 
La scelta degli uomini del resto avviene valutando da un punto di vista e decidendo sulla priorità da dare in sequenza all’utilizzo dei programmi logici in un calcolo.
 
Si può generare un modello di significazione in una macchina di calcolo diversa da un’altra — (ad esempio a partire da quali sistemi si elabora l’informazione [di cui l’unità di misura è il bit], o meglio quale sistema teorico è stato inserito per l’elaborazione dell’informazione come predominante o quando e in che modo il programma lo utilizza, o di quali programmi di problem solving è dotata la “macchina” di calcolo, o secondo quale logica sono ordinate le altre logiche dei “sistemi complessi” richiamati, o secondo quali parametri si utilizza la simulazione in proiezione futura, etc.,).
 
Credo che l’insieme di questi elementi di calcolo logico espanderanno le possibilità di elaborazione sensoriali e cognitive specie coi nuovi computer a qubit  si possono sovrapporre contemporaneamente per ora da 8, a16 funzioni di qubit,
 
Questa ulteriore rivoluzione caratterizzerà l’opera artistica osservata e interpretata con gli automatismi logici delle “macchine di calcolo” nel futuro.
 
L’uomo, come lo è stato l’opera d’arte a partire dai movimenti artistici del primo Novecento (Futurismo, Dadaismo e Surrealismo), sarà considerato finalmente come immerso in un universo in espansione, proprio come secondo le teorie della scienza attuale.
 
Dell’opera d’arte in movimento progressivo-espansiva si analizzeranno principalmente le componenti relazionali.
 
Di questa opera si coglieranno elementi estetico-sensoriali insieme alla presentazione di un evento in movimento-espansione e presentato come ad esempio in un materiale video-relazionale.
 
Non a caso oggi ci si può emozionare nel fare esperienza dell’eruzione del Vesuvio presso il MAV (Museo Archeologico Virtuale) di Ercolano (Na).
 
Questa esperienza non artistica permette, però, di dare un’idea di quali future emozioni e modelli cognitivi potranno emergere da una serie di percezioni riferite a un messaggio analitico complesso generato dalla IA e collegata al sistema percettivo ed esperienziale umano.
 
L’opera d’arte presentata da una “materia inanimata” nel senso ottocentesco, diventerà per le nuove generazioni opera d’arte d’informazione, cioè costruita su informazioni provenienti da bit o da qubit.
 
Per elaborare questi programmi complessi che mostrino l’emergere di percezioni e di cognizioni umane secondo le regole dell’informazione avremo bisogno sicuramente di grandi elaboratori di calcolo e di artisti che utilizzino la nuova materia eterea che è diventata, secondo le teorie della scienza del secondo Novecento, luceinformazionebit.
 
Ecco che i bit luminosi possono manifestarsi come informazioni e essere trasmessi alla velocità della luce. Essi, come già ricordato, allo stesso tempo sono luce, energia, materia e trasportano anche messaggi.
 
Per ora si seguono le direttive prodotte da un osservatore-artista. Attraverso la sua presenza fisica, possiamo riferire di un soggetto biologico umano circa la sua scelta interpretativa dei modelli con cui analizzare le informazioni che giungono al suo organismo. (Ma che dire ad esempio dei telescopi elettronici che permettono la visione di oggetti dello spazio lontani attraverso la emissione, l’assorbimento o la riflessione da parte della luminosità emessa da questi oggetti presenti nello spazio, o quando lo stesso apparecchio risponde alle sollecitazioni di altre frequenze elettromagnetiche?).
 
La cognizione per l’arte e per gli umani, comunque, ancora oggi emerge dalla elaborazione di “un punto di vista” (Gilles Deleuze) anche se è diventato dinamico-espansivo, alla stregua della nostra attuale galassia che si rapporta con miliardi di altre galassie.
 
Il punto di vista si presenta come segno conoscitivo di una serie di percezioni e cognizioni che si spostano rispetto agli altri s/oggetti significativi presenti — e “sempre più contestualmente calcolabili” ed “elaborabili” con la IA, — in un ambiente.
 
L’insieme e lo spostamento producono da un punto di vista un percorso dinamico di significazioni o di una nuova ermeneutica relativa a un osservatore che si ritiene (o è) presente in un contesto relativo.
Cavaliere automa di Leonardo Da Vinci

The digital revolution of art criticism

From Hephaestus' automata to artificial intelligence: how new technologies are redefining artistic “feeling”

Dear readers, we live in an age in which art criticism struggles to distinguish between human creative impulse and machine calculations. Back in 2006, in my book “L’estetica e il «sentire» nelle macchine” (Aesthetics and “feeling” in machines), I anticipated this challenge: today, with ChatGPT-4.1nano, anyone can generate artistic theories without ever having studied aesthetics. But how did we get here?

 

The genesis of generative art

In the 1970s, Harold Cohen connected a plotter to a computer, creating works based on Native American petroglyphs. It took hours to trace random marks, but that pioneering gesture marked the dawn of a new paradigm: art as a product of algorithms. In the 1990s, artists such as Marco Cardini transformed the screen into a digital canvas, using “electronic brushes” in real time.

 

The paradox of the theoretical machine

Early AI demonstrated a fundamental problem: an isolated computational model leads to error. Like Hephaestus’ automata – the golden handmaidens who served the gods without true autonomy – these machines carried out orders, but did not feel. Today, however, the quantum qubit introduces entanglement: a unit of superimposed states (simultaneous 0 and 1) that reflects the complexity of reality.

 

The challenge for contemporary artists

While computers in the 1970s worked on binary logic, today art must contend with probability. There is no longer a single truth, but infinite perceptual possibilities.

In this time suspended between the collapse of postmodernist certainties and the emergence of a new technological paradigm, art criticism finds itself having to redefine its hermeneutic tools. The advent of new information technologies has produced an epistemological fracture that affects not only the modes of artistic production, but the very nature of aesthetic perception.

‘Digital art has taught us that no algorithm can replace the chaos of human feeling. But it is precisely in the dialogue between instinct and qubit that the aesthetics of the future will be born.

 

Yet, as I noted in my early studies, these limitations contained a profound lesson: the systemic error of machines showed us the need for plural cognitive models.

The first AIs thus demonstrated a fundamental problem: an isolated calculation model leads to error. Today, however, the quantum qubit introduces entanglement: a unit of superimposed states (simultaneous 0 and 1) that reflects the complexity of reality.

Today, with the advent of the qubit, we are witnessing a conceptual revolution:

  • The transition from binary logic (0/1) to quantum superposition
  • Entanglement as a new aesthetic category
  • The crisis of the traditional concept of authorship

In conclusion, as a theorist who has observed these transformations, I have come to see digital art not as a simple technique, but as a lens through which to radically rethink the foundations of aesthetic judgement.

 

The challenge for the new art criticism will be to develop tools capable of grasping this complexity without falling back into the reductionism of the past.

Teorico e critico d’arte, laureato con lode in Estetica sotto la guida di Mario Perniola, e specializzato in Storia dell’arte ad Urbino, ha collaborato con il professor Mario Costa all’organizzazione di manifestazioni internazionali di Artmedia e ha insegnato Storia e Teoria del Restauro, Estetica e Storia dell’arte in varie università. Autore di numerosi saggi e pamphlet, tra cui il primo testo italiano sulla filosofia cibernetica applicata alle estetiche e alle arti, intitolato “Estetica e cibernetica” (1994).
È trai teorici fondatori della formula Tracker-Art, dedicata alla ricerca artistica, e ha curato vari eventi, mostre e pubblicazioni, tra cui l’introduzione al movimento Archety’Art e la cura di cataloghi di artisti contemporanei. Collabora con riviste specializzate come Juliet Art Magazine, Night Italia, Articolo 33, e la rivista web ZRAlt! a cura di Antonio Gasbarrini, approfondendo temi di estetica, arte elettronica e arti contemporanee